Opinioni: Ivan Dordolo/Eni, Dante Natali/Federmetano, Paolo Vettori/Assogasmetano

Passato, presente e futuro del metano per autotrazione
Attualmente il carburante più ecologico in commercio, il metano non riesce ancora a trovare la diffusione che meriterebbe. Nonostante la crescita nelle immatricolazioni registrata nel 2008 (+38,8% rispetto al 2007) che ha portato il segmento Cng (Compressed natural gas) al 3,66% del totale venduto (nel 2007 era al 2,43%), la consistenza del parco a gas naturale rimane poco rilevante.


Le ragioni della scarsa espansione sono da ricercare nell’ancora limitata offerta di veicoli bi fuel da parte delle Case automobilistiche e in una rete tuttora “immatura” in termini di ramificazione e qualità dei servizi. A peggiorare ulteriormente la situazione è stato l’insolito andamento dei prezzi registrato nel 2008 che ha ridotto il divario di prezzo rispetto ad altri carburanti arginando l’attrattiva economica del Cng, da sempre uno dei principali richiami verso questa tipologia di carburante. Un vero peccato perché, come appare evidente dall’intervento di Andrea Zaino, il gas naturale potrebbe fornire un grande contributo al miglioramento della sostenibilità del reparto trasporti italiano.
Dopo l’intervista ad Alessandro Tramontano del Consozio Ecogas, cerchiamo di capire le prospettive future del metano per autotrazione con tre esperti del settore: Ivan Dordolo, responsabile Servizi operativi e metano per Autotrazione di Eni Gas &Power, Dante Natali, presidente di Federmetano, e Paolo Vettori, presidente di Assogasmetano.

Addio prezzi stabili, il metano sale sull’altalena dei carburanti
La nostra analisi comincia dal prezzo del metano che nel 2008 ha avuto un andamento insolito rispetto a quello dei carburanti tradizionali. Una tendenza che ha creato tanto allarme tra i consumatori alla fine del 2008 per l’aumento del prezzo che ha ridotto la convenienza nei confronti di benzina e gasolio. Per illustrare le ragioni della variazione degli importi del Cng non potevamo avere migliore interlocutore di Ivan Dordolo dell’Eni, azienda ex monopolista del comparto e che attualmente fornisce il 70% dei circa 650 milioni di metricubi/anno stimati (il mercato è salito del 10% circa nel 2008) di gas naturale per autotrazione distribuito in Italia. Ricordiamo, inoltre, che la società con sede a San Donato Milanese riveste un doppio ruolo nel settore: come fornitore gas naturale (Divisione Gas & Power) alle stazioni di rifornimento di clienti (tra queste vi sono impianti di tutte le compagnie petrolifere) e come venditore diretto agli automobilisti (Divisione Refinig & Marketing) che si riforniscono presso gli impianti di proprietà Eni.
“Al momento”, spiega Dordolo, “non esiste ancora il “carburante” metano, ma si parla di gas naturale in generale, sia esso per uso industriale, domestico o per autotrazione. La determinazione del prezzo avviene tramite contratti diretti tra acquirenti e venditori ed è legato alle dinamiche di variazione dei prezzi di mercato del petrolio e dei carburanti liquidi. I grandi acquirenti, come Eni, poi rivendono il prodotto ai distributori stradali di Cng che, come per gli altri carburanti (benzina, gasolio e Gpl), sono del tutto liberi di fissare il prezzo al pubblico che ritengono più opportuno. Quest’ultimo dipende dall’indicizzazione prevista contrattualmente, scelta dall’impianto di distribuzione tra differenti opzioni disponibili che normalmente prevede un certo ritardo nell’adeguamento del prezzo finale (time lag), più o meno lungo secondo le modalità di calcolo prescelte. Tale modalità permette di mediare il prezzo su più mesi mantenendolo più costante nel periodo. Va precisato che questo avviene sia quando i prezzi sono in salita, sia quando sono in discesa”.
“In generale”, continua Dordolo, “ma soprattutto in un regime di andamento turbolento dell’energia con grandi e rapide escursioni dei prezzi, ciò può comportare, come avvenuto negli ultimi mesi del 2008, che mentre i prezzi di benzina e gasolio iniziano a scendere, seguendo in modo più immediato ciò che fa il petrolio, il prezzo del metano tende a rimanere per un tempo più lungo ai livelli più alti. Scenderà a sua volta solo in seguito, mantenendosi a livelli più bassi anche quando il prezzo del petrolio inizierà nuovamente a salire. Per esempio, a metà del 2008, all’inizio della curva repentina di salita dei prezzi di benzina e gasolio, il prezzo del Cng rimase per un tempo più lungo ai livelli più bassi”.
A tradurre dalla teoria alla pratica è Natali. “Storicamente abbiamo sempre scelto time lag, cioè il ritardo all’adeguamento dei prezzi, lunghi (6-12 mesi). In questo modo il prezzo finale, determinato dal valore medio del periodo prescelto, ha una maggiore stabilità e l’utente può verificare il risparmio assicurato dal gas naturale. Un sistema che è andato in crisi nel 2008 per una situazione di mercato del tutto imprevedibile: il prezzo del barile di petrolio a 70 dollari ad aprile, a 148 a luglio, a 35 a dicembre. Un contesto in rapida evoluzione che inizialmente ha garantito un extra bonus di risparmio ai possessori di auto a metano, poiché il prezzo è salito molto più lentamente dei carburanti tradizionali. Poi, mentre gli importi di benzina e gasolio hanno iniziato a calare, quello del Cng ha proseguito la salita per cominciare una lenta discesa solo con alcuni mesi di ritardo. In pratica, l’inversione di tendenza è cominciata a gennaio/febbraio per i distributori che avevano stipulato contratti a 6 mesi, ad aprile per coloro che hanno optato per i 9 mesi e si avrà a luglio per quelli con time lag di 12 mesi”.
Un sistema che, oltre a generare un trend diverso ai carburanti concorrenti, ha altri risvolti negativi come sottolinea è Paolo Vettori. “Siamo in un mercato isterico. Dopo la liberalizzazione”, afferma il presidente di Assogasmetano, “con le quotazioni legate al mercato generico del gas naturale il comparto è entrato in un meccanismo rigido e perverso che non ha senso di logica. Un meccanismo che riversa sulla piazza prezzi difformi tra loro creando confusione tra gli automobilisti che trovano un distributore che vende il metano a 0,7 euro/chilo e, poco lontano, un altro che lo cede a 0,93 euro”.
Una situazione assurda che ha soluzioni possibili. “Sono nove anni”, prosegue Vettori, “che chiediamo al ministero di avere un prezzo specifico per il metano per autotrazione. C’è anche un decreto che stabilisce una decisione in tale senso, ma è abbandonato a se stesso da mesi. Ma se avessimo un prezzo legato al mercato dove operiamo, cioè quello dei carburanti, otterremo un andamento più omogeneo con quello di benzina e diesel ed eviteremo le incongruenze attuali”. Altra ipotesi è proposta da Dante Natali. “Come Federmetano”, specifica, “non possiamo stabilire regole valide per tutti gli addetti del comparto per la scelta del time lag perché significherebbe intervenire sull’attività commerciale del singolo operatore. Però stiamo dando indicazioni di spostarsi su forniture con time lag brevi (3-6 mesi). Un’opzione che dice addio al prezzo del gas stabile, ma adegua le oscillazioni a quelle dei nostri concorrenti”.
In attesa che si trovino gli antidoti adeguati, i “metanautisti” possono comunque già contare su prezzi in discesa che ampliano il divario con gli altri carburanti. Pare poco concreta anche un’altra preoccupazione degli utenti di auto a Cng: quella di vedere aumentare i prezzi come conseguenza dell’incremento della domanda e per possibili interventi fiscali dell’esecutivo. “Il gas naturale per autotrazione”, spiega l’ingegnere dell’Eni, “rappresenta soltanto circa l’1% del mercato. Anche se l’Italia è il più importante mercato europeo e il sesto al mondo, le auto Cng sono soltanto 500.000 mila. Per arrivare a variazioni dei prezzi dovuti alla crescita della domanda o delle accise passerà ancora diverso tempo. Direi che al momento non c’è da preoccuparsi”.

Rete in crescita, anche sulle autostrade
Storicamente a limitare la crescita delle vendite delle auto a metano è stata la rete, poco ramificata e con grandi differenze territoriali. Una barriera, quest’ultima, destinata a proseguire nonostante i miglioramenti registrati negli ultimi anni. “L’apertura di un distributore in una zona vergine”, racconta Dordolo, “generalmente non consente un rientro degli investimenti in tempi adeguati. Per questo motivo gli operatori tendono a effettuare i propri investimenti nelle zone che hanno già un minimo di sviluppo del metano per auto. Una localizzazione dove c’è spazio per crescere percentualmente coi veicoli e con il venduto. La politica di Eni, e in particolare della Divisione Refining % Marketing, è di cercare di capire insieme alla divisione Refind & Marketing (quella che gestisce la rete dei distributori Agip, ndr) dove il mercato può avere degli sviluppi, anche in base alle direttrici di traffico, prestando attenzione a tutte le situazioni che rendono più semplici le installazioni (per esempio normative regionali e locali favorevoli). Ciò permette di armonizzare l’esigenza del territorio con l’esigenza del rientro dell’investimento”.
Una strategia comprensibile condivisa con altri competitori che porterà alla progressiva crescita della rete. “Capire la reale consistenza di quest’ultima”, chiarisce Vettori, “è difficile. Quando il mercato era in mano a un solo fornitore il monitoraggio era immediato, mentre con l’attuale polverizzazione del settore non si riesce ad avere la certezza numerica”. Un’incertezza che, però, non impedisce ai tre interlocutori di stimare l’attuale rete nazionale costituita da 650 distributori, che diventano oltre 700 comprendendo anche quelli di flotta destinati, ad esempio, al rifornimento di autobus. L’accordo è minore sulla velocità di crescita della rete Per Dordolo, secondo i dati storici, si aprono 50 distributori all’anno, per Natali 60/70, per Vettori due a settimana (quindi un po’ meno di 100 considerando le “ferie”). Una previsione, quella del responsabile di Assogasmetano, plausibile “se a qualcuno (i petrolieri, ndr), come è accaduto in passato, non viene in mente che la diffusione del metano possa limitare il loro mercato”. Un’ipotesi che non sembra più attuale, almeno seguendo il ragionamento di Dordolo. “Ormai solo la metà degli impianti esistenti è costituita da distributori monocarburante (con vendita esclusiva di metano per auto) mentre l’altra metà (praticamente tutti gli impianti di più recente costruzione) è costituita da impianti policarburanti, cioè punti vendita che, oltre al metano, offrono anche i carburanti liquidi tradizionali. La crescita numerica di impianti di metano passa attraverso lo sviluppo di quest’ultima tipologia di distributori, che possono essere di nuova realizzazione oppure già esistenti che intendono ampliare l’offerta, affiancando alla vendita di benzina e gasolio anche quella del metano per auto”. Una dichiarazione che, anche se non affermato esplicitamente, sottolinea che l’espansione in atto è sostenuta anche dalle aziende petrolifere interessate ad entrare in un nuovo mercato che si prospetta economicamente interessante. Non a caso Eni sta portando avanti un progetto che prevede l’espansione della propria offerta sulla rete autostradale. Complessivamente questa è limitata a circa 17 distributori, che diventano 22 considerando le tangenziali. Obiettivo del programma è creare una struttura che consente di viaggiare da nord al sud del Paese, e viceversa, utilizzando il carburante “metano” senza uscire dall’autostrada. L’idea sarebbe quella di inserire un distributore di metano ogni 200 km circa, distanza “ideale” considerato che l’autonomia media a Cng delle auto è intorno ai 300 km. Il progetto, che dovrebbe essere attuato nei prossimi 2 o 3 anni, partirà necessariamente dalle direttrici di traffico più significative per poi espandersi progressivamente.

Il futuro è di multidispenser, self service ed erogatori efficienti
La crescita della rete è necessaria, ma non sufficiente per stimolare la domanda. Un ruolo sempre più di rilievo sarà svolto dalla qualità di servizio. “Quest’ultima”, sottolinea Vettori, “è indispensabile. È inutile avere 250 nuovi impianti se poi il servizio sarà scadente come è accaduto negli ultimi anni. In molti hanno pensato che vendere il metano sia come vendere benzina o gasolio e così hanno costruito impianti con pochi soldi che funzionano male. Un comportamento che, più che favorire il nostro settore, lo ha penalizzato”. Una posizione condivisa da molti esperti del comparto e che trova diverse proposte per migliorare il servizio offerto agli utenti.
Per Dordolo, che precisa l’elevata sensibilità di Eni nel risolvere le problematiche segnalate dagli utenti sulle stazioni Agip, buona parte delle attuale “grane” del settore si risolveranno con la diffusione, analogamente a quanto accade in altri paesi europei, di erogatori self service e multispenser. “Basti pensare”, afferma Dordolo, “che la presenza dell’erogatore del metano accanto a quello di benzina e gasolio elimina di fatto molti dei problemi relativi ai tempi di attesa per il rifornimento o dal mancato servizio”. Quanto ai self service, non è ancora ufficiale, ma il primo distributore italiano ad offrire un impianto di questo tipo potrebbe essere proprio quello storico dell’Eni presso la sede di San Donato Milanese che dovrebbe essere inaugurato entro il prossimo inverno.
Molto attento alla qualità del servizio anche Natali. “Siamo molto sensibili al problema e stiamo cercando di intervenire su più fronti. Un’iniziativa riguarda la programmazione di corsi per i nuovi gestori che istruiscono il personale, non solo sulle norme antincendio, sulle regole relative alla sicurezza e sulla conoscenza dell’impianto, ma a fornire servizi adeguati”. “Altro passo indispensabile che stiamo perseguendo per migliorare la situazione attuale” prosegue il presidente di Federmetano, “è quella di fare pressione sulle Regioni (che devono legiferare in materia, ndr) perché nelle nuove normative in preparazione siano imposti standard minimi di servizio per l’apertura di un distributore a metano. In particolare, pensiamo di che i nuovi distributori devono avere una capacità di compressione minima per erogatore unico di 300-350 metricubi/ora. Una soluzione che ha costi maggiori, ma evita che il rifornimento duri decine di minuti provocando conseguenti code di attesa. Ci sembra una richiesta che non è assolutamente vessatoria, ma che assicura un servizio efficiente e, soprattutto, evita disagi che potrebbero allontanare gli automobilisti dalla scelta di un’auto a metano. Sarà un battaglia dura da combattere, perché molte Regioni la percepiscono come l’imposizione di una barriera di ingresso al settore, ma necessaria. Se vogliamo veramente migliorare il servizio dobbiamo evitare che i distributori sottodimensionati diventano percentualmente significativi”.
Una posizione condivisa dalla Assogasmetano che, però, propone standard ancora più severi. “Stiamo facendo una battaglia”, spiega Vettori, “per fare introdurre nelle future norme regionali una capacità minima di erogazione secondo la dimensione del bacino di utenza. In Emilia Romagna, dove le auto a metano sono numerose, gli erogatori dovrebbero avere una capacità minima di 450 metricubi/ora, mentre nel Lazio potrebbero bastarne 350. Non solo. È importante anche il numero di erogatori disponibili dai distributori. È ovvio che avere un solo erogatore in aree con molte auto non annulla i problemi di affollamento alle stazioni di servizio”.

Fonte: Autoambiente.com

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