I problemi dei tassisti e delle liberalizzazioni

Tutti i giornali negli ultimi giorni ne hanno parlato: il Governo cerca di “liberalizzare”, le varie Associazioni dei consumatori fanno le loro inchieste, l’utente si sente assai spesso vittima, mentre la categoria dei tassisti si sente sotto accusa e vede i diritti acquisiti in pericolo. Non è un imput incoraggiante ma, volendo scavare un poco oltre qualche titolo a sensazione o i tanti luoghi comuni, cercheremo di esaminare gli aspetti appena menzionati.

LE LIBERALIZZAZIONI – Sintetizzando al massimo possiamo affermare che gli obbiettivi del cosiddetto “Decreto Bersani” sono l’eliminazione del plafond in tema di rilascio delle licenze, anche per limitati periodi di tempo; l’ampliamento dei turni di lavoro e potranno essere utilizzati veicoli sostitutivi o aggiuntivi; la definizione di un tariffario per percorsi particolari.Lamentano, attraverso le loro Associazioni, uno scarso numero di taxi a disposizione, conseguenti tempi di estenuante attesa, lunghi tempi di percorrenza (da addebitare però al traffico e alla carenza di corsie preferenziali). Denunciano inoltre le spinte corporativistiche e protezionistiche che mantengono la situazione assolutamente statica.

IL PARERE DEI TASSISTI  – Sostengono che la “liberalizzazione” porterà ad una precarietà dell’attività lavorativa e ad un abbassamento della qualità del servizio anche in termini di sicurezza, senza alcun vantaggio per l’utenza. La situazione è cristallizzata da anni e anni. Basti dire che nel lontano 1990 (il 22 dicembre) l’Economist, riferendosi al problema su scala europea evidenziava che sul mercato trasporto Taxi “…c’è un gran numero di venditori (conducenti), una moltitudine di acquirenti (passeggeri), e basse barriere all’entrata (il prezzo dell’autovettura)” il che indurrebbe a pensare ad una situazione perfetta se non fosse, prosegue l’autorevole Testata, che “in tutto il mondo il settore è distorto da regolamentazione pubblica, monopolio, lobby politiche, mafia, esclusione razziale e qualunque altro peccato presente nel libero mercato”.In alcuni paesi quali Nuova Zelanda (1989), Svezia (1989 e poi nel 1995), in Olanda (1998) e in Irlanda (2000), si è cercato di ovviare a tale situazione lavorando su più fronti. Se da una parte si sono liberalizzate le licenze, dall’altra sono stati sensibilmente irrigiditi i requisiti qualitativi e di sicurezza imposti agli operatori mentre sul lato delle tariffe si sono seguite vie diverse lasciando la fissazione delle stesse in taluni casi alle associazioni di categoria, in altre alla completa libertà del tassista entro un certo importo massimo e con obbligo di affissione delle stesse all’interno del taxi. In Olanda, l’esperimento sembra aver dato buoni frutti poiché le tariffe si sono mantenute al di sotto dei tetti massimi previsti.

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