Ecco la nuova Ducati Hypermotard 1100 Evo/SP

È facile prendere una cantonata con la nuova Hypermotard. È facile perché al primo sguardo non sembra essere cambiata rispetto alla moto presentata due anni fa, invece Ducati ha lavorato in profondità riuscendo a spostare più in alto l’asticella.

Si era già visto con la “piccola”, la 796 presentata un mesetto fa, ma sulle nuove Hypermotard 1100 Evo e 1100 Evo SP le maggiori prestazioni rendono la cosa ancor più evidente. Il peso è stato ridotto e la potenza aumentata, le due Hypermotard “grosse” sono diventate ancora più divertenti: agili, potenti e con una stabilità in curva impressionante, che ben si sposa con un motore caratterizzato Più leggera più potente più divertente. La Evo segna un bel passo avanti ma resta una moto da pelo sullo stomaco. In due versioni pelo dalla coppia gestibile e progressiva caratteristica dei bicilindrici Ducati.


La posizione
di guida delle versioni precedenti era molto particolare soprattutto per via del manubrio basso e largo, ora però sulla SP è stato alzato di 20 mm e questo ha portato ad un assetto che resta personale – una via di mezzo tra una moto da fuoristrada ed una naked – ma è più naturale. La sella lunga permette di spostare il corpo con naturalezza, il peso rimane molto avanzato e caricato sull’avantreno e questo si traduce in un ottimo feeling dell’anteriore. Grazie al largo manubrio il controllo è ottimo, particolarmente in ingresso di curva. Il piano d’appoggio è alto, la sella della Evo è rimasta a 845 mm – 20 più di quella della 796 – e quella della Evo SP è addirittura più su di altri 30 mm, siamo a quota 875: ne beneficia la rapidità nei cambi di direzione ma le manovre da fermo non sono certo facilitate, se si ha un’altezza intorno ai 170 cm si fatica a toccare già con la “base” e in sella alla SP il terreno si allontana ancora.

Il traffico cittadino non è il terreno preferito della Hypermotard che non si districa agevolmente in mezzo alle auto, un po’ per la ridotta capacità di sterzata che si avverte nelle manovre più lente e un po’ perché gli specchietti retrovisori che sporgono dalle estremità del manubrio, come per i precedenti modelli, sono unici nel design ed offrono un’ottima visibilità ma nel traffico impacciano a causa dell’ingombro laterale; è comunque a catalogo un kit di specchietti alti, tradizionali. I comandi sono ottimamente dislocati, le leve al manubrio sono regolabili ed è possibile adattare anche la posizione delle leve del cambio e del freno posteriore. Praticamente assente la protezione aerodinamica, intorno ai 120 km/h si sente l’esigenza di schiacciarsi verso il serbatoio e stringere bene il manubrio.

La Hypermotard è una Ducati e non lo nasconde, non appena la si mette in moto comincia il bellissimo rombo cupo e irregolare tipico dei desmodromici di Borgo Panigale; più si sale di giri, più si percepisce la splendida risonanza della cassa filtro. Appena ci si muove si rimane affascinati dall’incredibile agilità della Hypermotard: i cambi di direzione sono fulminei. L’accelerazione è vigorosa fin dai bassi regimi, già sotto i 3.000 giri il bicilindrico 1100 spinge senza incertezze, ma quando si arriva a circa 4.500 giri il tiro diventa vigoroso e proietta fuori dalle curve a una velocità incredibile, con una progressione muscolare che arriva fino ad oltre 8.000 giri ed all’intervento del limitatore. Da buona Ducati questa Hypermotard permette di utilizzare marce alte senza che il motore strappi e in allungo può spingersi fino ad oltre 200 km/h di tachimetro.

La Hypermotard tende ancora leggermente a fare resistenza nel chiudere le curve più strette, come avveniva già nella precedente versione, ma qui il fenomeno è stato ridotto fino ad essere quasi impercettibile e basta insistere un po’ sul manubrio: la riduzione del peso di 7 chili ha giovato. In inserimento la Ducati col manubrio alto in versione “base” è precisa e stabile, anche arrivando ancora frenati mantiene la traiettoria, e se si guida un po’ “cattivi” asseconda a meraviglia: del suo anteriore ci si può fidare ciecamente. A centro curva è assolutamente fantastica, sembra di essere in un binario.

Aggredendo il gas in uscita, soprattutto nelle marce basse, può avvenire che il posteriore cominci a scivolare, ma in maniera molto controllabile: è una scarica di adrenalina… a buon mercato. In accelerazione se si spalanca forte il gas ci si trova spesso con l’avantreno che ondeggia e diventa difficile mantenere la traiettoria ideale; con la versione più spinta le cose peggiorano, la SP ha tantissimo vigore e l’escursione delle sospensioni più ampia porta a maggiori trasferimenti di carico per cui tenere la ruota anteriore a terra è praticamente impossibile. Per contrastare questa tendenza bisogna guidare di forza, sia con questa versione che con la Evo “normale”. Del resto è proprio guidando in maniera decisa, come si può fare in pista, che questa Ducati regala emozioni forti. Spostandosi con il corpo, scende in curva decisa e con estrema linearità. Piegando molto si sfrega con le pedane ma se non si esagera la stabilità non viene intaccata.

La frenata è a dir poco incredibile per cui gli spazi di arresto sono molto ridotti, questa fase però non è assistita dal cambio, che tende a “puntare”, mentre invece è ottimo in accelerazione. La frizione ha un comando morbido ed è instancabile, sarebbe però utile un sistema antisaltellamento. SALENDO sulla versione SP sembra di guidare un’altra moto. La posizione di guida è diversa, il manubrio è più alto e c’è più luce a terra perché sono più lunghe le sospensioni: è un assetto che dà maggior carico sull’avantreno, a beneficio della stabilità. C’è qualche particolare in carbonio e sulla moto del test era montato il kit Performance – scarico Termignoni, centralina e coperchio cassa filtro -, proposto tra gli optional. La guida è molto simile a quella della “base” ma la stabilità in curva è ancora maggiore, con il conforto di un paio di gomme più sportive e di componentistica più raffinata, come l’ammortizzatore Öhlins e i cerchi Marchesini super leggeri.

L’adozione di questi ultimi ha permesso di ridurre sia il momento d’inerzia, sia le masse non sospese, e questo si traduce in un aumento della maneggevolezza e una migliore risposta delle sospensioni che qui hanno anche più escursione. Con la Hypermotard SP si riesce a staccare una decina di metri dopo rispetto alla “normale” e ci si può spingere ad arrivare pinzati fino alla corda; in uscita però bisogna dosare maggiormente il gas perché col kit la potenza è tanta e la maggiore escursione delle sospensioni rende più avvertibili i trasferimenti di carico. La SP in accelerazione richiede attenzione perché è difficile tenere la ruota attaccata al terreno, per cui è facile perdere la traiettoria soprattutto nei cambi di direzione.

Su entrambe le versioni la frenata è ben modulabile per tutta la sua corsa ma sulla SP l’attacco è un po’ sgarbato. In pista non ci sono problemi, sulle strade di tutti i giorni un po’ di attenzione non guasta, soprattutto se l’asfalto è viscido. Nonostante la maggiore luce a terra, anche con la SP a centro curva è possibile sfregare con le pedane, però avviene solamente in pista, dove l’ottimo grip offerto dall’asfalto permette angoli di piega considerevoli.

Fonte: Motosprint.it

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